La domanda che deve porsi il consumatore attento è che cosa ci dicono le informazioni in etichetta e che cosa significa essere il “produttore” di un alimento composto da una pluralità di ingredienti.
Per rispondere a queste domande dobbiamo guardare alla normativa, di origine europea, relativa alle indicazioni di origine e di provenienza, normativa che è stata oggetto di un’importante riforma a seguito dell’entrata in vigore del Regolamento UE 1169/2011 (che si applica, per quel che qui ci riguarda, a far data dal 13 dicembre 2014).
Il Regolamento ribadisce le disposizioni del Codice Doganale Europeo e sancisce l’obbligo di indicare l’origine del prodotto o del luogo di sua provenienza solo nel caso in cui la sua omissione risulti in grado di indurre in errore il consumatore.
Dunque non tutti sono obbligati ad inserire le informazioni relative all’origine dei propri prodotti ma solamente coloro che, nel presentare l’alimento commercializzato, evocano o rimandano ad indicazioni che possono essere fuorvianti (es. un produttore non italiano che commercializza un prodotto tipico del nostro paese: in questo caso è evidente che, se non vi è l’indicazione esplicita del fatto che il produttore non è italiano, il consumatore sarà indotto a pensare il contrario).
Questa normativa presenta però delle problematiche, che spingono alla prudenza anche le autorità di controllo nell’emanare sanzioni, una cosa è infatti imporre a tutti i produttori di indicare l’origine dei prodotti alimentari venduti, un’altra è imporlo solamente a quelli che producono beni che possano indurre in errore il consumatore in relazione alla loro provenienza.
È chiaro che dimostrare questa potenziale induzione in errore non è sempre facile anche per chi controlla i prodotti e rende difficoltose le attività ispettive. Anche in questo caso è l’attenzione del consumatore che fa la differenza, specie se si vanno a premiare le aziende che indicano -volontariamente- l’origine dei propri alimenti in tutta trasparenza in etichetta.
Attenzione però, spesso l’indicazione di origine non coincide con l’effettiva origine degli ingredienti base del prodotto alimentare. Il luogo di origine di un alimento coincide infatti con il luogo ove esso ha subito l’ultima trasformazione sostanziale. Dunque il produttore che commercializza una mela e decide di indicarne l’origine è tenuto ad indicare effettivamente il luogo in cui quella mela è stata colta, ma per tutti i prodotti trasformati non avremo un’indicazione che ci illumini sull’origine degli ingredienti, ma solo sul luogo di ultima trasformazione.
Dunque dei biscotti con in etichetta il claim “origine italia” non è detto che siano prodotti con ingredienti italiani, ma vuol solamente dire che hanno subito l’ultima trasformazione sostanziale (preparazione e cottura) nel nostro paese. Una simile indicazione è pienamente legittima e rispetta la normativa.
Le novità del Regolamento UE 1169/2011 impongono solamente al soggetto che commercializza un prodotto composto in misura superiore al 50% da un ingrediente primario (e che sceglie volontariamente di indicare anche la provenienza di quest’ultimo) di indicare il luogo di origine di quest’ultimo, o quantomeno che questo è diverso dal luogo di origine del prodotto finito.
Diverso discorso vale invece per le carni fresche e congelate delle specie suina, ovina, caprina e di pollame che, grazie al combinato disposto del Reg. UE 1169/2011 e del Reg. UE 1337/2013 devono sempre indicare l’origine delle carni in etichetta, rendendo così anche molto più agevole l’attività di controllo.
Anche qui il discorso vale solamente per i prodotti non trasformati, quindi ad esempio i salumi sono sottratti a simili obblighi. In conclusione il consumatore può guardare con più sicurezza all’indicazione di origine dei prodotti alimentari non trasformati, e per il resto, se vuole avere una certezza in merito all’origine degli alimenti trasformati che acquista, dovrà invece affidarsi alla trasparenza sui fornitori da parte del marchio che acquista, ovvero alle certificazioni di cui questo si fregia.
Si segnala comunque infine che dopo tre anni di applicazione del Reg. UE 1169/2011 e del Reg. UE 1337/2013 (entrato in vigore dal 1 aprile 2015) è prevista una valutazione da parte della Commissione Europea in merito ad un’eventuale estensione dell’obbligo di indicare l’origine a prodotti quali: carni diverse da quelle già soggette all’obbligo, latte, altri prodotti non trasformati, prodotti mono-ingrediente, prodotti con ingredienti utilizzati in quota superiore al 50%.