Il mercato del vino in Cina, come è ormai chiaro a molti, è difficile da penetrare e sussistono numerose criticità, ma con il partner giusto e alcune importanti attenzioni nel muovere i primi passi nel Celeste Impero è possibile avere grandi soddisfazioni.
La prima problematica cui deve guardare l’operatore italiano che si rivolge al mercato cinese è quella della lingua, importante ostacolo ad un’efficace
comunicazione commerciale, che rischia di portare con sé una vasta gamma di problemi e incomprensioni.
In primo luogo l’operatore italiano deve aver cura di tradurre con attenzione il proprio nome commerciale, tenendo presente che, se non lo farà lui, sarò l’importatore o lo stesso consumatore cinese a traslitterare il suo marchio in caratteri cinesi.
Oltre a questo è importante trasmettere in maniera univoca e chiara il tipo di prodotto che si sta venendo, la provenienza e l’eventuale denominazione di origine.
La forza di un marchio collettivo o di una denominazione di origine sta anche nella sua uniforme e coerente traslitterazione nella lingua di un paese che
costituisce un mercato molto rilevante ed in potenziale espansione.
Per prevenire la confusione e gli errori e per promuovere lo sviluppo del mercato del vino in Cina, il governo cinese ha pensato di ricorrere ad un documento standard che include molti termini italiani e stranieri legati al vino tradotti in cinese, comprese le norme per l'importazione.
La Camera di Commercio cinese, l'Istituto di Agraria (NWAFU) e la sua Wine Academy hanno da pochi mesi completato la stesura di questa che è possibile definire una guida ufficiale.
La “Norm of Terminology Translation of Imported Wines”, ovvero 进口葡萄酒相关术语翻译规范, è stata approvata dal Ministero del Commercio cinese, entrerà in vigore a partire dal 1° settembre 2015 e sarà applicabile a tutte le aziende vitivinicole che intendono esportare i propri prodotti in Cina.
Questa “Norm” è la prima del suo genere nel mercato del vino cinese, in precedenza, infatti, c'erano solo delle linee guida di traduzione rilasciate dagli enti commerciali di alcune importanti regioni vinicole.
I termini tradotti riguardano principalmente le varietà di uve da vino, le maggiori regioni vinicole e le aziende più grandi degli undici Paesi produttori presi in esame.
È stata strutturata sotto forma di tabella, secondo l'ordine alfabetico inglese ed è divisa in quattro parti:
- il primo capitolo riguarda i riferimenti normativi;
- il secondo capitolo racchiude la terminologia di base, quella cioè che può comparire sulle etichette;
- il terzo capitolo contiene i nomi delle principali varietà di uve da vino del mondo (esclusa la Cina), comprendendo il nome della specie, il paese d'origine, il colore dell'uvaggio;
- il quarto ed ultimo capitolo include le grandi regioni vitivinicole e le cantine, con i nomi dei principali produttori.
Si tratta, come è evidente, di una traslitterazione non vincolante, l’operatore resta quindi libero di adottare la traduzione che preferisce, ma è altrettanto intuibile che lo standard, una volta adottato e reso ufficiale, verrà sostenuto dal governo cinese.
È quindi presumibile che la traduzione standard prevista dalla normativa si diffonderà presto nel settore e, di conseguenza, sarà conveniente per gli
operatori adattarvisi per poter comunicare più incisivamente le informazioni relative al proprio vino.
Bisogna infatti tener presente che i nomi cinesi raccomandati dalla guida non sono stati inventati dalla Camera di Commercio cinese (CFNA), se sono stati selezionati ed elencati nel regolamento, significa che tali nomi sono già da tempo in uso sul territorio cinese.
Dopo l'implementazione della “Norm of Terminology Translation of Imported Wines”, i nomi cinesi verranno quindi, presumibilmente, adottati dai distributori, importatori e anche dai media.
Per il produttore che non abbia registrato il proprio marchio in Cina, la “Norm of Terminology Translation of Imported Wines” (che, ricordiamo, è per
ora solo una bozza, per la versione definitiva sarà necessario attendere il settembre 2015) è quindi un ottimo strumento per verificare se la
traslitterazione del nome del proprio prodotto risponde a quanto previsto dalla norma sulla traduzione, ovvero per orientarsi nella traduzione nel caso in cui ci si accinga ad approcciarsi al mercato cinese.
Per i produttori che invece abbiano un marchio cinese registrato è quindi possibile adattarlo alla nuova normativa con una modifica, ovvero optare per
l’inserimento del loro nome commerciale all’interno della norma sulla traduzione.
Si segnala infatti che il Ministero cinese del Commercio e il CFNA ha dichiarato che sarà possibile rivedere la norma dopo il 1 settembre 2018.
Per quella data, sarà anche possibile, per le cantine che abbiano un marchio registrato in Cina ed intendano inserirlo nella norma sulla traduzione (come ad esempio fatto dalla cantina Zenato già in questa prima stesura) chiedere di poter inserire il proprio nome nella guida.
Ogni modifica deve seguire il procedimento previsto dal regolamento del Ministro del Commercio (MOFCOM), il quale prevede che 'uno standard può essere modificato dopo tre anni dalla sua pubblicazione allo scopo di soddisfare i cambiamenti del mercato della grande distribuzione e le nuove tecnologie.'
Tra i vari consigli che si possono dare alle aziende che intendono intraprendere la via cinese, oltre a quello di tradurre il proprio marchio e le informazioni sul prodotto in sintonia con quanto disposto dalla Norm (una volta definitiva), si segnala come sia importante, in un mercato
insidioso come quello cinese, registrare il proprio marchio.
Prima di registrare un marchio è necessario che le cantine controllino se questo è già stato depositato o registrato da qualcun altro in Cina.
Se è così, la cantina dovrà avviare un’azione di annullamento e/o cancellazione del marchio.
Quando si registra il nome cinese suggerito dalla guida come marchio, si consiglia di allegare documentazione riguardante i beni ed i servizi che sono legati al business del vino.
Infine, la registrazione del marchio non dovrebbe essere limitata alla zona della Cina continentale, le aziende dovrebbero infatti pensare di depositare il proprio nome cinese anche nei territori di Taiwan, Hong Kong e Macao.
Si segnala infine come, per penetrare il mercato cinese, forse non sia del tutto opportuno concentrarsi solo sulle grandi metropoli come Pechino o Shanghai, se è infatti vero che questi centri urbani fanno da trend-setter per il resto di questa nazione-continente, per il cibo è Guangzhou che, per i cinesi, è davvero sinonimo di buona cucina.
Si indicano di seguito alcuni articoli relativi all’argomento, in lingua inglese:
http://www.novagraaf.com/en/news?newspath=/NewsItems/en/wineries-face-new-norm-china
http://www.decanterchina.com/en/?article=1017
http://www.ilfattoalimentare.it/vini-in-cina-mercato.html
Nonché un libro che racchiude gli atti di una recente conferenza sul tema del vino e della Cina, disponibile su Amazon:
http://www.amazon.it/Il-vino-Cina-conference-Bilingual-ebook/dp/B00JUL31OM
In allegato la bozza della “Norm of Terminology Translation of Imported Wines”