La normativa cinese in tema di etichettatura alimentare potrebbe a breve ricevere uno scossone viste le numerose novità presenti nella bozza di revisione della normativa GB 7718/2011 presentata dalla Standardization Administration of China per le osservazioni da parte del pubblico lo scorso novembre. Esaminiamole nel dettaglio.
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La disciplina cinese in tema di etichettatura alimentare si fonda sulla Food Safety Law (2015), che contiene i principi base e la disciplina generale per le etichette e la presentazione dei prodotti alimentari in Cina.
Non va però sottovalutato che, in Cina, molta parte della legislazione di dettaglio si "nasconde" in standard tecnici elaborati dalla Standardization Administration of China (SAC) e da varie commissioni governative. Questi standard vengono definiti guobiao (国标) e sono contraddistinti dalla sigla GB che precede l'identificativo della normativa.
Per fare un parallelo e per comprendere l'importanza di questi standard, basta pensare che i guobiao connessi con la Food Safety Law contengono norme simili a quelle che possiamo trovare negli -essenziali- allegati al Reg. UE 1169/2011 in tema di informazioni sugli alimenti ai consumatori, regolamento per certi tratti sovrapponibile con la normativa cinese del 2015, insieme addirittura a norme che nella legislazione europea hanno trovato spazio direttamente nel Regolamento 1169/2011 ma che invece in Cina vengono declinati in questa normazione secondaria e slegata dai meccanismi parlamentari.
Esempio lampante è proprio quello del GB 7718/2011, uno degli standard connessi alla Food Safety Law che, nel campo dell'etichettatura dei prodotti preconfezionati, disciplina numerosi aspetti fondamentali per gli operatori.
La stessa Food Safety Law, all'art. 67, indica, tra gli elementi obbligatori da inserire in etichetta: "le ulteriori informazioni prescritte dalla legge, dai regolamenti e dagli standard in tema di sicurezza alimentare".
Questo guobiao è quindi sopravvissuto alla radicale revisione della Food Safety Law nel 2015, ed è ora in una fase di importante aggiornamento, aggiornamento che gli operatori dovrebbero seguire con molta attenzione.
La riforma dello standard segue un'intensa attività di preparazione che è cominciata nel 2016 ed ha incluso la realizzazione di una estesa ricerca presso i consumatori, i tecnici e le imprese alimentari condotta attraverso questionari nel febbraio 2017.
La normativa è stata sottoposta ai commenti del pubblico fino al 14 dicembre scorso e nei prossimi mesi ne verrà approntata la versione definitiva. La disciplina di seguito potrebbe quindi variare anche se, verosimilmente, gli scostamenti non saranno dirompenti rispetto al testo della bozza già disponibile.
La revisione incide sulle definizioni di data di produzione e durata di conservazione, ridefinisce le dimensioni minime delle indicazioni obbligatorie in etichetta (2 mm per carattere per prodotti di superficie complessiva maggiore di 40cm2) e stabilisce un principio di corrispondenza fra le dimensioni dei caratteri cinesi e quelli stranieri utilizzati, introducendo inoltre una definizione di dettaglio per il calcolo della superficie del prodotto (cui rapportare la dimensione dei testi) per quei prodotti il cui packaging ha forma irregolare.
Rimane invariata invece la singolare disposizione (art. 3.3) che vieta il riferimento in etichetta a "superstizioni feudali, pornografia, critiche rivolte ad altri cibi e supposizioni contrarie al senso comune".
Tra le novità più significative va invece senz'altro segnalata la disciplina dell'obbligo di indicare il quid di un ingrediente in etichetta nel caso in cui la presenza di tale ingrediente sia enfatizzata nella presentazione del prodotto.
La normativa precisa che tale enfasi è da escludersi nel caso in cui l'inserimento del nome dell'ingrediente sia richiesto dalla legge o altri standard, o comunque la legge o altri regolamenti disciplinino la quantità dell'alimento da inserire nel prodotto.
Il quid non va indicato inoltre nel caso in cui l'ingrediente sia menzionato in avvertenze al consumo (es. allergie) o in ricette o suggerimenti di abbinamenti.
Ulteriore, controversa, ipotesi in cui il quid non va indicato il quid (secondo l'art. 4.4.1.2 del guobiao) è quella in cui l'ingrediente sia menzionato per "descrivere proprietà sensoriali" quali l'aroma (fengwei 风味) o il sapore (kouwei 口味).
Una simile disposizione si presta a indebite estensioni e a dubbi interpretativi in quanto sembra esentare dall'indicazione del quid una serie di ipotesi che sarebbero invece sicuramente vietate in applicazione della normativa europea (ad esempio uno yogurt alla fragola o un sorbetto allo champagne potrebbero essere etichettati senza indicare il quid se l'enfasi su tali ingredienti fosse giustificata dall'esigenza di evidenziare il gusto o l'aroma del prodotto).
La normativa prosegue con l'art. 4.4.2, che richiede l'indicazione del quid anche nell'ipotesi in cui si evidenzi la ridotta presenza di un ingrediente.
Si entra così nel campo dei negative claims, fortemente osteggiati da questo nuovo guobiao rispetto al passato.
Sebbene infatti l'articolo 4.4.2.1 del guobiao ammetta -salva diversa disposizione di legge- la promozione dell'assenza di un determinato ingrediente (con indicata la "quota zero" dello stesso nell'elenco ingredienti), il successivo articolo 4.4.2.2 vieta l'uso di qualsiasi claim che promuova l'assenza di un ingrediente nel caso si tratti di additivi, contaminanti o altre sostanze non ammesse.
Pare quindi la fine dei negative claim in Cina, sarà possibile solamente vantare l'assenza o la ridotta presenza di ingredienti (es. sale, zucchero) ai sensi dell'art. 4.4.2.1, ma non invece l'assenza di coloranti, conservanti, additivi, pesticidi, etc.. come disposto dall'art. 4.4.2.2.
Il successivo art. 4.4.2.2 vieta poi in ogni caso l'utilizzo dei termini "senza aggiunta di ..." e "senza utilizzo di ...".
La normativa sembra davvero drastica sul punto e forse ci sarà spazio, in sede di definitiva emanazione della normativa, per un'apertura ad alcuni specifici claim "free from".
Ulteriore giro di vite è approntato riguardo ai riferimenti a
specifiche categorie di consumatori (atleti, bambini, giovani, anziani, etc..), spesso abusati dai produttori cinesi.
Tali riferimenti sono vietati dalla normativa (art. 4.12.5) tranne in caso in cui si tratti di cibi sottoposti a specifiche approvazioni, di cibi per i quali sussistono normative che legittimano l'associazione del prodotto alle esigenze di specifiche categorie di consumatori, e infine di prodotti per i quali l'operatore sia in grado di fornire dati scientifici circa l'idoneità a soddisfare le esigenze nutrizionali di specifiche categorie di consumatori.
L'art. 4.6.3 prevede poi l'obbligo dell'indicazione del paese di origine per i prodotti importati (con la possibilità di indicare sia il luogo di produzione che quello di origine degli ingredienti).
La normativa riprende poi (all'art. 4.11.1) l'elenco degli allergeni che è obbligatorio inserire in etichetta, suddivisi in 8 categorie, rispetto alle 14 previste dalla normativa europea:
- glutine
- crostacei
- pesce
- uova
- arachidi
- soia
- latte
- frutta a guscio
Rimangono quindi esclusi dall'obbligo di indicazione in etichetta i seguenti allergeni disciplinati in sede europea: sedano, senape, solfiti, lupino, molluschi, e loro derivati.
L'indicazione di ulteriori sostanze sensibilizzanti è volontaria e rimessa all'operatore.
Le novità che porterà con sé questo standard sono davvero notevoli e avranno una diretta influenza sulla vita di molti operatori che esportano nella Repubblica Popolare, ricordiamo però che la normativa non è ad oggi in vigore (anche se i principi che la stessa è chiamata a dettagliare sono già da tempo in vigore nel paese), bisognerà quindi attendere la definitiva emanazione del guobiao da parte della SAC per conoscere la disciplina applicabile e la data di entrata in vigore della nuova normativa.
Va infine evidenziato che lo standard non disciplina tutti i cibi preconfezionati, sussistono infatti discipline specifiche per determinati tipi di prodotti, ovvero normative integrative, come ad esempio per gli alcolici il GB 10344-2005 (General Standard for The Labeling of Prepackaged Alcoholic Beverage), sarà quindi importante per il produttore verificare quale specifica normativa si applica al proprio prodotto.
Avv. Riccardo Berti