Quest'ultima norma, all'art. 1, prevede che: “É vietato detenere, vendere, porre in vendita o mettere altrimenti in commercio o cedere a qualsiasi titolo o utilizzare:
a) latte fresco destinato al consumo alimentare diretto o alla preparazione di prodotti caseari al quale sia stato aggiunto latte in polvere o altri latti conservati con qualunque trattamento chimico o comunque concentrati;
b) latte liquido destinato al consumo alimentare diretto o alla preparazione di prodotti caseari ottenuto, anche parzialmente, con latte in polvere o con altri latti conservati con qualunque trattamento chimico o comunque concentrati;
c) prodotti caseari preparati con i prodotti di cui alle lettere a) e b) o derivati comunque da latte in polvere.
É altresì vietato detenere latte in polvere negli stabilimenti o depositi, e nei locali annessi o comunque intercomunicanti, nei quali si detengono o si lavorano latti destinati al consumo alimentare diretto o prodotti caseari.”
Il divieto di usare il latte in polvere è in vigore in Italia quindi dal lontano 1974 e, secondo il presidente della Coldiretti, è una scelta che ha garantito finora il primato della produzione lattiero-casearia italiana, le cui esportazioni sono aumentate del 9,3 per cento nel primo trimestre del 2015.
Questa diffida, sempre secondo la Coldiretti, se accolta, comporterà un declino della qualità dei formaggi e degli yogurt italiani che metterà a repentaglio la “reputazione del made in Italy”, ma anche una maggior importazione di polvere di latte e latte concentrato “che arriverà – secondo le parole del presidente Moncalvo - da tutto il mondo a costi bassissimi, con conseguenze pesanti sulla tenuta dei nostri allevamenti”.
La ratio di questa richiesta dell'UE si basa sul principio di libera circolazione delle merci, essendo la polvere di latte e il latte concentrato prodotti utilizzati in tutta Europa.
È palese, però, che la decisione europea sacrifica un mercato virtuoso, come quello del formaggio italiano, che aveva fatto di un obbligo di legge il perno di un sistema qualitativo apprezzato anche all'estero.
Se la diffida europea dovesse trovare il positivo riscontro del legislatore italiano, la possibilità di produrre “formaggi senza latte” rischia di abbassare notevolmente il pregio e le caratteristiche dei prodotti italiani.
Ci si augura comunque che il consumatore sia in grado di distinguere il prodotto privo di latte in polvere e di premiarlo in sede di acquisto.