Ha introdotto la mattinata, moderata da Clementina Palese dell'Informatore Agrario, Fabrizio Piva, Amministratore Delegato CCPB Srl – Bologna, che così si è espresso:
“La biodiversità è uno degli assi portanti della CCPB, dall'anno della sua fondazione, nel 1988.
E' un concetto fondamentale, che sta alla base della sostenibilità ambientale, ma che deve andare di pari passo con la produttività.
Quindi obiettivo della CCPB per le aziende è quello di rafforzare la biodiversità per un aumento della produttività, non ritornando al passato, ma salvaguardando allo stesso tempo le risorse ambientali”.
Quindi hanno preso la parola i relatori, cominciando da Giuseppe Garcea, con il suo intervento “La certificazione della sostenibilità ambientale, un supporto per il settore agroalimentare”.
“La sostenibilità ambientale è considerata una prerogativa essenziale per garantire la produttività nel tempo di un ecosistema.
L'ambiente va conservato come fonte di risorse naturali e queste non devono essere sfruttate oltre la loro naturale capacità di rigenerazione.
La società deve conoscere tutte le implicazioni biologiche derivanti dall'attività dell'ecosistema, il consumatore deve esserne consapevole.
La sostenibilità ambientale, ha continuato Garcea, è uno degli obiettivi prioritari della nuova PAC.
Così, come anche risulta dalle parole dell'UE, un'attività produttiva sostenibile deve, garantendo la qualità dei prodotti, mantenere la produttività dei processi svolti, nonché la capacità di resilienza e mitigazione degli ecosistemi.”
Ci sono diversi strumenti per misurare la biodiversità.
Il dott. Garcea ha introdotto il LCA – Life Cycle Assessment, ovvero la valutazione del ciclo di vita, un procedimento oggettivo di valutazione dei carichi ambientali relativi ad un processo o un'attività, effettuato attraverso l'identificazione dell'energia e dei materiali usati e dei rifiuti rilasciati.
Gli indicatori di sostenibilità sono molti, tra cui: emissione del gas serra, il consumo di acqua, il potere eutrofizzante, il potere acidificante, la tossicità dell'acqua e del suolo, …
Ci sono quindi diverse certificazioni che fanno riferimento al LCA, etichette ambientali del terzo tipo, la Water Footprint, la Carbon Footprint e l'EPD – Environmental Product Declaration (standard internazionale di origine svedese, molto utilizzato nell'ambito della GDO).
Quindi, Garcea ha concluso ricordando che:
- la biodiversità può essere uno strumento per valutare il grado di sostenibilità della propria azienda;
- analizzare i propri procedimenti produttivi (attraverso il PBA, Piano della Biodiversità Aziendale) può far capire a che livello si trova l'azienda e se un aumento di sostenibilità possa comportare una diminuzione dei costi di produzione;
- analizzare il proprio livello di sostenibilità (es. con il prelievo di campioni di suolo, Indice qualità biologica dei suoli) può essere utile anche come strategia di comunicazione aziendale, per dare maggiore visibilità al proprio marchio (attraverso l'etichettatura).
Ha preso la parola Davide Pierleoni, con “La gestione della biodiversità in agricoltura biologica”, parlando di Greening o inverdimento, ovvero tutte quelle regole introdotte dall'ultima PAC rivolte agli agricoltori che pongono diversi obblighi, quali: rotazioni, diversificazione delle colture, introduzione di aree di interesse ecologico.
Le aziende biologiche sono esenti da questi obblighi di greening.
Questo perché già nel Reg. 834/2007 (regolamento sull'agricoltura biologica) al considerando n.1 e all'art. 5, il legislatore comunitario mette come punto di partenza proprio il potenziamento della fertilità e della biodiversità del suolo, attraverso tecniche di lavorazione come il sovescio, pacciamatura, sostituzione dell'aratura e delle macchine pesanti che pressano il suolo,…
Secondo l'IFOAM, però, la biodiversità e la fertilità non sono legate solamente al terreno, ma anche all'aria ed all'acqua.
Mauro Piazzi, di Timesis, ha parlato di come “Misurare la biodiversità negli ecosistemi agricoli”.
“Il 2015 è l'anno internazionale del suolo, quindi si parla molto di biodiversità in agricoltura.
L'ISPRA ha pubblicato un manuale sugli indicatori di biodiversità per la sostenibilità in agricoltura, a seguito di uno studio reso possibile grazie ad un progetto finanziato dall'Unione Europea. Questo per far capire quanto l'Europa spinga sulla tutela dell'ecosistema.
Misurare risulta talvolta complicato, ma gli strumenti per farlo ci sono.
Definire la biodiversità del suolo è difficile, ma non impossibile.
Esiste uno standard, il QBS, messo a punto dal prof. Parisi dell'Università di Parma, che si pone le seguenti finalità:
- monitoraggio e ripristino ambientale,
- valutazione delle pratiche agricole,
- valutazione dell'agricoltura conservativa,
- privilegio dell'aspetto ecologico.
Questo metodo è stato applicato – ha dichiarato Piazzi – ad un vigneto lombardo, dando un risultato completo sulla qualità del suolo, facendo emergere che il biologico è migliore del convenzionale, che la fila è migliore dell'interfila e che il biologico su fila è migliore del biologico su interfila.”
Piazzi ha terminato il suo intervento ricordando che la fisica del suolo, non solo la chimica, è estremamente importante.
Marco Tonni, di Sata Studio Agronomico, ha proseguito l'incontro parlando di “Gestione sostenibile e vantaggi agronomici”.
“E' necessario, parole di Tonni, attuare un approccio multidisciplinare quando si parla di biodiversità, che prenda in considerazione tre aspetti, economico, sociale e ambientale.
Quindi è fondamentale avere il supporto politico, con azioni a sostegno che siano tecniche, normative ed economiche.
I mezzi di comunicazione supportano tutto questo, per avere un approccio olistico che porti ad una biodiversità veramente sostenibile.
Cosa può fare un'azienda agricola per favorire la biodiversità? Programmare consapevolmente.
Quindi scegliere degli indicatori utili, accreditati, rigorosi, efficaci per l'agronomia, l'economia e idonei alla comunicazione.
Esistono diversi indicatori: GEA vite (per l'analisi dell’efficienza e della sostenibilità dell’Azienda Vitivinicola), IBS (valutazione della capacità dell'azienda di ospitare biodiversità).
Un metodo utilizzato già nel lontano '500 è la VSA, ovvero l'Analisi Visiva del Suolo.
La questione -ha concluso Tonni – non è solamente tecnica, ma anche culturale.”
L'incontro è terminato con la testimonianza diretta di un operatore vitivinicolo, Davide Lazzari, dell'Azienda Agricola Lazzari, di Capriano del Colle in provincia di Brescia.
Secondo Lazzari, su un'azienda agricola biologica di piccole dimensioni come la sua, i costi non sono elevati, anzi alcuni trattamenti e metodi costano anche meno.
Importante è razionalizzare l'approccio alla vigna e contenere il consumo di prodotti a difesa della pianta e dei suoi frutti.
Insomma per Davide Lazzari, che ha ospitato in azienda un team di ricercatori dell'Università di Milano per indicizzare la qualità del suo suolo, l'agricoltura biologica dà i suoi frutti, in termini economici, sociali, ma soprattutto culturali, nel rispetto della tradizione, che per l'azienda che rappresenta è molto sentita.
Un incontro quello di venerdì ricco di interventi e di spunti di riflessione.
Il metodo di produzione biologico è uno dei processi che ha dimostrato rispondere meglio all'esigenza di salvaguardare la sostenibilità ambientale senza compromettere la produttività.
È quindi il percorso su cui investire, anche e soprattutto in ricerca e sperimentazione, per soddisfare sia l'aumentata domanda di alimenti che di ambiente.
Una domanda sostenuta da bisogni di natura salutistica e sempre più dalla preoccupazione di ridurre l'alterazione del clima, che tante conseguenze negative può rivestire sulla qualità della vita del pianeta e di ciascuno di noi.