I ricorrenti si sono appellati alla California’s Consumer Legal Remedies Act, Unfair Competition Law, and False Advertising Law e hanno presentato una richiesta di risarcimento per l'inadempimento di implied warranty (ovvero che la merce posta in vendita possegga tutte le caratteristiche di un dato genere di prodotto), per frode, dichiarazioni false ed arricchimento senza causa.
La birra Asahi venduta negli Stati Uniti è prodotta in Canada ed ogni etichetta recita "Brewed and Bottled under Asahi’s Supervision by Molson Canada, Toronto, Canada".
Ogni etichetta riporta anche la dicitura "Product of Canada" come richiesto dalle normative doganali degli Stati Uniti.
I ricorrenti hanno affermato, tuttavia, che sono stati ingannati sul prezzo perché le etichette e le confezioni d'imballaggio utilizzano la parola "Asahi", che in giapponese significa "Sole del mattino" e sempre in etichetta e sugli imballaggi sono disegnati i tipici caratteri giapponesi. A supporto della tesi, gli attori hanno creato un questionario, dimostrando che l'imballaggio della birra ha portato l'86% degli intervistati a credere che il prodotto fosse manufatto in Giappone.
La Corte ha respinto le motivazioni a difesa della Asahi così motivando:
1. Sebbene l'Alcohol & Tobacco Tax & Trade Bureau (“TTB”) abbia approvato l'etichetta, la cosidetta "safe harbor doctrine*" non protegge la condotta della Asahi.
In particolare, il tribunale si è trovato a confrontarsi con diverse sentenze sull'argomento, con decisioni a favore (il caso Cruz Bud Light Lime-a-Rita) e contrarie (il caso Hofmann Tito’s Vodka) la difesa del cd. "safe harbor".
Il tribunale ha affermato che un TTB-issued Certificate of Label Approval ("COLA") non ha forza di legge, e quindi non sussiste un prerequisito fondamentale per la "safe harbor defence" (cioè che il convenuto abbia agito in conformità con un regolamento).
2. Il tribunale ha poi respinto la tesi di Asahi secondo cui i ricorrenti non argomentassero che l'etichettatura e le confezioni della birra Asahi fossero falsi o fuorvianti per un consumatore medio.
Esaminando le contestazioni dei ricorrenti e le contro-argomentazioni di Asahi, che indicavano le chiare informazioni sull'etichetta, la corte ha concluso che la soluzione della controversia non poteva essere determinata come una questione di diritto.
Asahi avrebbe necessitato di un supporto probatorio, presumibilmente nella fase di giudizio sommario. La corte ha anche accreditato l'indagine dei querelanti.
3. La corte ha dichiarato un inadempimento nella implied warranty, nonostante le argomentazioni della Asahi.
4. Infine, la corte ha respinto la mozione della Asahi di dichiarare illegittime le ulteriori richieste degli attori, sostenendo che i ricorrenti avessero adeguatamente provato che l'etichettatura e l'imballaggio della birra potevano indurre in errore un consumatore medio.
Questa ordinanza fornisce un ulteriore promemoria ai produttori che vogliano proporre campagne di marketing negli Stati Uniti.
La decisione offre anche alcuni importanti spunti per ulteriori considerazioni.
In primo luogo, la conclusione della corte secondo cui i COLA non hanno forza di legge può avere implicazioni ben oltre il contesto di questa class action.
In secondo luogo, la decisione, nel consentire un'azione basata esclusivamente su vaghe allusioni ad un paese di origine (caratteri giapponesi, ecc.), sembra decisamente in contrasto con una serie di altre recenti sentenze.
Se accettato, questo aspetto diventa estremamente preoccupante per i proprietari di marchi, perchè un punto centrale dell' "inganno" addotto dai ricorrenti è proprio l'uso del marchio Asahi stesso.
In terzo luogo, l'uso efficace del sondaggio come prova da parte degli attori può far presagire una tendenza in tal senso nelle future controversie.
Come singola decisione di un tribunale distrettuale degli Stati Uniti, questa non rappresenta, ovviamente, l'ultima parola su questo genere di argomenti.
Inoltre, date le preoccupanti implicazioni di alcuni dei suoi ragionamenti, Asahi potrebbe essere propenso ad appellare.
E' però sempre più evidente che azioni come questa continueranno ad affliggere l'industria delle bevande alcoliche nel prossimo futuro.
* Con l'espressione anglosassone "safe harbor" (in italiano porto sicuro o approdo sicuro) la scienza giuridica indica normalmente una norma o un principio giurisprudenziale secondo cui taluni comportamenti non sono considerati come violazioni di un principio o di una regola più generale.
In allegato, l'ordinanza