Il dibattito in sede europea ha subito visto contrapporsi i paesi in cui queste tradizioni sono più sviluppate e dove alle erbe e ai preparati di origine vegetale vengono storicamente riconosciute proprietà terapeutiche o comunque positive, ai paesi che invece spingono per un approccio rigidamente scientifico, che lasci fuori dall'esame normativo l'elemento culturale e che porti ad ammettere le sole sostanze la cui efficacia sia scientificamente provata.
In pratica si tratterebbe di scegliere tra due opzioni: adottare gli stessi criteri di valutazione utilizzati per le altre sostanze (i paesi favorevoli a tale soluzione sono la Germania, la Svezia, l'Olanda, l'Irlanda e la Grecia) o riconoscere la tradizione d'uso quale elemento “legittimante” l'ammissione dei botanicals e rivedere di conseguenza la legislazione (i paesi favorevoli a questa scelta sono la Francia, l'Italia, il Belgio, la Romania e la Repubblica Ceca).
La dizione “sostanza e preparato vegetale” include non solo piante, ma anche alghe, funghi e licheni.
Per botanicals, quindi, si intende:
- un ingrediente vegetale, ovvero la “droga vegetale” la pianta in toto o sue parti (intere, a pezzi o tagliate) in forma non trattata, generalmente essiccati;
- un preparato vegetale ottenuto sottoponendo l'ingrediente vegetale a vari trattamenti (come estrazione, distillazione, spremitura, frazionamento, purificazione, concentrazione, fermentazione, triturazione e polverizzazione).
L'EFSA (l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) fornisce un approccio scientifico a qualsiasi organizzazione che voglia valutare la sicurezza degli ingredienti botanici, predisponendo piani di autocontrollo efficaci.
Due sono i documenti fondamentali dell'autorità relativi ai botanicals(entrambi reperibili online sul sito http://www.efsa.europa.eu/it/topics/topic/botanicals.htm): le linee guida sulla valutazione della loro sicurezza ed un compendio dei prodotti botanici per i quali è stata segnalata la presenza di sostanze che potrebbero rappresentare motivo di preoccupazione per la salute, se usate in alimenti o integratori alimentari.
E in Italia com'è disciplinato l'uso degli integratori alimentari di sostanze e preparati vegetali?
La disciplina dei botanicals si ritrova nel decreto del ministero della salute del 9 luglio 2012 (in Gazzetta Ufficiale, 21 luglio 2012, n. 169) e nel suo allegato I, che elenca le sostanze e i preparati vegetali ammessi all'impiego, in applicazione soprattutto della direttiva 2002/46/CE.
Nel maggio 2013 è stato compilato un documento contenente le linee guida ministeriali sulla documentazione a supporto dell'impiego di sostanze e preparati vegetali, e, nel dicembre dello stesso anno, le stesse sono state aggiornate secondo il parere della Commissione Unica per la Dietetica e la Nutrizione (CUN).
Con la modifica e l'aggiornamento del DM 9 luglio 2012, il successivo Decreto del 27 marzo 2014 ed in particolare il suo allegato 1-bis hanno ripreso una lista comune di sostanze e preparati vegetali impiegabili negli integratori alimentari, creata ed approvata dalle Autorità competenti non solo italiane, ma anche belghe e francesi.
Questa lista, chiamata “lista BelFrIt”, comprende poco più di 1000 voci, di cui oltre 120 “nuove” per l'Italia.
Mancano però un certo numero di piante ammesse in Italia, e per questo, essendo questa una fase transitoria in attesa di un assetto definitivo anche a livello europeo, è consentito l'impiego anche di queste piante, alle condizioni specificate nell'allegato 1 e/o dell'allegato 1-bis.
Tutto ciò in attesa della lista BelFrIt definitiva.
Infine, nel mese di gennaio 2015, la Direzione Generale per l'igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione – Ufficio IV Ex DGSAN, del Ministero della Salute, ha ulteriormente revisionato le linee guida sulla documentazione a supporto dell'impiego dei botanicals.
In considerazione degli obblighi in materia di sicurezza alimentare che il quadro legislativo vigente pone a carico degli operatori del settore alimentare (OSA) ai sensi del Regolamento (CE) 178/2002, queste linee guida sono volte a fornire indicazioni sulla documentazione necessaria e sui controlli da effettuare per un impiego sicuro degli ingredienti in questione, in riferimento alla loro qualità, al processo produttivo cui vengono sottoposti e al prodotto finito che se ne ottiene.
Fatte queste premesse generali sulla normativa interna, la posizione di alcuni stati membri sulla valutazione per un riconoscimento definitivo della tradizione d' uso dei botanicals è varia, l'Italia è per la possibilità di utilizzo delle indicazioni d'uso riportate nella lista del sito del Ministero della Salute fino a decisione europea e, insieme a Francia e Belgio, attende sviluppi per quanto riguarda la lista BelFrIt.
La Romania ha notificato il decreto recante una sua lista positiva di prodotti botanici ammessi (end of standstill: 1 luglio 2015), la Lituania ha invece al contrario notificato all'U.E. un provvedimento recante una lista negativa di prodotti non ammessi perché asseritamente rischiosi.
Altri “gruppi interessati”, ad esempio le aziende Bionorica e Diapharm, hanno ricorso contro la Commissione europea per aver illegittimamente sospeso la valutazione dei botanicals, ma a tuttora i giudizi sono ancora pendenti di fronte alla Corte.
Insomma, quella del riconoscimento definitivo della tradizione d'uso dei botanicals è una questione in divenire e tuttora aperta, che pone innumerevoli interrogativi.
Infatti, nonostante la maggior parte di questi prodotti sia utilizzata da lungo tempo in Europa, per alcuni di essi non è possibile escludere timori connessi alla sicurezza d’impiego e alla qualità, ad esempio ai rischi di contaminazione chimica o microbiologica.
È inoltre necessario garantire che la concentrazione degli agenti bioattivi sia compresa entro determinati limiti di sicurezza.
I comportamenti e le normative adottati dai singoli stati dimostrano però come una soluzione a livello europeo sia assolutamente necessaria. Basta pensare che la Lituania ha escluso la commercializzazione di alcuni botanicals pacificamente inseriti nella lista BelFrIt, perché ritenuti rischiosi.
Una normativa affidata ai singoli stati, in un settore cosi delicato, comporta il rischio di decisioni affrettate che causano danni ai cittadini ed al mercato.