Il divieto, per la Corte, vale anche nel caso in cui queste denominazioni siano completate da indicazioni esplicative o descrittive, che indicano l'origine vegetale del prodotto in questione.
La corte rileva che per «prodotti lattiero‑caseari si intendono i prodotti derivati esclusivamente dal latte, fermo restando che possono essere aggiunte sostanze necessarie per la loro fabbricazione, purché esse non siano utilizzate per sostituire totalmente o parzialmente uno qualsiasi dei componenti del latte». Inoltre, salvo eccezioni espressamente previste, sono riservate «unicamente ai prodotti lattiero-caseari» le denominazioni utilizzate in tutte le fasi della commercializzazione, quali «siero di latte», «crema di latte o panna», «burro», «latticello», «formaggio» e «yogurt».
Alcune di queste eccezioni sono ad esempio la "crème de riz" francese oppure il termine inglese "cream" per designare bevande alcoliche o zuppe.
La Corte sostiene anche che «la denominazione “latte” e le denominazioni utilizzate per designare i prodotti lattiero-caseari possono essere usate anche insieme ad uno o più termini per designare prodotti composti in cui nessun elemento sostituisce o intende sostituire un componente qualsiasi del latte e di cui il latte o un prodotto lattiero-caseario costituisce una parte fondamentale per la quantità o per l’effetto che caratterizza il prodotto».
La Corte conclude quindi che le denominazioni "crema di latte o panna" e le altre non possono essere legittimamente impiegate per designare un prodotto puramente vegetale, a meno che tale prodotto non figuri nell'elenco delle eccezioni, circostanza che non ricorre né nel caso della soia né del tofu.
La Corte aggiunge, inoltre, che questa interpretazione della normativa di cui trattasi non confligge né con il principio di proporzionalità né con il principio di parità di trattamento. Per quanto riguarda il principio di proporzionalità, la Corte osserva che l'aggiunta di indicazioni descrittive o esplicative non può escludere con certezza qualsiasi rischio di confusione nella mente del consumatore.
Quanto al principio di parità di trattamento, la Corte constata che la TofuTown non può invocare una disparità di trattamento affermando che i produttori di alimenti vegetariani o vegani sostitutivi della carne o del pesce non sarebbero soggetti a restrizioni analoghe. Si tratta, rilevano i giudici, di prodotti dissimili, soggetti a norme diverse.