Tali criteri sono determinati dagli articoli 7 e 36 del Regolamento UE suddetto.
Vengono disciplinate le pratiche leali d'informazione, ovvero le informazioni sugli alimenti non devono indurre in errore:
a) per quanto riguarda le caratteristiche dell’alimento e, in particolare, la natura, l’identità, le proprietà, la composizione, la quantità, la durata di conservazione, il paese d’origine o il luogo di provenienza, il metodo di fabbricazione o di produzione;
b) attribuendo al prodotto alimentare effetti o proprietà che non possiede;
c) suggerendo che l’alimento possiede caratteristiche particolari, quando in realtà tutti gli alimenti analoghi possiedono le stesse caratteristiche, in particolare evidenziando in modo esplicito la presenza o l’assenza di determinati ingredienti e/o sostanze nutritive.
Infine non devono essere ambigue, bensì chiare e comprensibili al consumatore medio.
Inoltre, nel caso di claim nutrizionali o salutistici ("senza grassi", "senza zuccheri" - Reg. CE 1924/06, reg. UE 432/12 e successive modifiche) o nel caso di informazioni quali "senza glutine" o "senza lattosio" (Reg. UE 828/14), è necessario vengano seguiti appositi criteri stabiliti dalle norme specifiche.
A fine febbraio scorso due europarlamentari italiani hanno presentato alla Commissione Affari Economici e Monetari del Parlamento Europeo un emendamento volto a vietare le etichette "free from" come "senza olio di palma" o "senza ogm" perché ingannevoli.
L'iniziativa non produrrà alcun effetto immediato, certo è che vietare un’informazione per di più qualificante vorrebbe dire semplicemente andare contro gli interessi dei consumatori che chiedono sempre più trasparenza, quindi più informazioni in etichetta e non meno.