Il caso è stato giudicato secondo le norme dell'Unione Europea che proteggono le DOP dei prodotti del settore vitivinicolo.
Secondo la Corte, un sorbetto può essere venduto con il nome di "Champagner Sorbet" se ha, come una delle sue caratteristiche essenziali, un sapore attribuibile principalmente allo champagne.
In tal caso, il prodotto non trarrebbe un vantaggio indebito dalla denominazione di origine protetta «Champagne».
La Corte ha stabilito infatti che lo sfruttamento della reputazione di una DOP comporta l'uso illecito della stessa quando si cerca di trarre indebito vantaggio dalla sua reputazione.
Così recita il paragrafo della Sentenza:
"In the light of the above considerations, the answer to the second question is that [the applicable provisions] are to be interpreted as meaning that the use of a PDO as part of the name under which is sold a foodstuff that does not correspond to the product specifications for that PDO but contains an ingredient that does correspond to those specifications, such as ‘Champagner Sorbet’, constitutes exploitation of the reputation of a PDO, within the meaning of those provisions, if that foodstuff does not have, as one of its essential characteristics, a taste attributable primarily to the presence of that ingredient in the composition of the foodstuff."
Il caso è rinviato in Germania per la decisione finale nel merito.
Il Tribunale tedesco dovrà determinare, attraverso dei tecnici, se la bevanda contestata contenente un po 'di Champagne "sa realmente di Champagne".
É proprio il caso di dire quindi, come recita l'adagio inglese, che nella fattispecie "the proof is in the pudding".
Rimangono però delle perplessità sul fatto che sia demandata ad una "prova tecnica" una simile difficile e delicata decisione.
C'è infatti da domandarsi quale stile e miscela di Champagne dovrebbero porsi come standard di riferimento e quale soglia di utilizzo dell'ingrediente ne legittimi la spendita in etichetta.
Il giudizio si rivela importante per tutti quei prodotti alimentari che contengono un ingrediente protetto da una DOP o IGP (si pensi, ad esempio, ai cioccolatini ripieni di una bevanda alcolica).
Segnaliamo in ogni caso che in Italia l'utilizzo del nome di un vino a D.O. in etichetta è subordinata, a mente dell'art.44, co.9 della L. 238 del 2016, alla preventiva autorizzazione dell'Ente consortile di tutela della denominazione.
In allegato è possibile scaricare:
- il sommario della decisione in inglese.
- la sentenza in inglese, tedesco e francese.