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A partire dal prossimo anno, verranno introdotte alcune novità per quanto riguarda l’etichettatura degli alimenti destinati ai lattanti e ai bambini nella prima infanzia, degli alimenti a base di cereali, degli alimenti a fini medici speciali e dei sostituti dell’intera razione alimentare giornaliera per il controllo del peso. L’Unione Europea, sempre attenta al consumatore ed ai principi di lealtà e verità nell’informazione commerciale, ha imposto una serie di regole relative ad alimenti e preparati che venivano spesso presentati in maniera fuorviante per gli acquirenti.
Siamo abituati a pensare che il mercato italiano sia relativamente al riparo dai prodotti OGM, ma è davvero così? In effetti il nostro paese ha sempre cercato di arginare la penetrazione di alimenti geneticamente modificati, sia con una serie di misure emergenziali a livello statale, sia con leggi regionali (adottate già da 13 regioni italiane), ma non possiamo comunque considerarci un paese OGM free, in quanto sono presenti colture OGM sperimentali nonché vengono utilizzati molti mangimi OGM negli allevamenti italiani.
Le parole “bio”, “eco”, “km 0” e “sostenibile” sono sempre più usate nella pubblicità di diversi materiali, prodotti e servizi e questo trend è destinato ad aumentare, vista l’importanza che ha ormai assunto la leva ambientale per la promozione dei prodotti.
Il termine “pesticidi”, usato anche come sinonimo di fitosanitari o agrofarmaci, indica quei prodotti di sintesi che vengono utilizzati in agricoltura convenzionale per proteggere le colture ed impedire che vengano compromesse da malattie ed infestazioni.
Ormai ovunque, sono moltissimi i prodotti che espongono in etichetta le diciture “naturale”, “100% naturale” o “di origine naturale”. Secondo il dizionario italiano, l’aggettivo “naturale” è equivalente di un qualcosa “che riguarda la natura, che deriva dalla natura o che è conforme ai suoi principi, non artificiale, non alterato, genuino” e solitamente viene contrapposto a quello di “sintetico” o“artificiale”.
La finalità dell’etichettatura è quella di “assicurare la corretta e trasparente informazione al consumatore”. Non deve “indurre in errore l’acquirente sulle caratteristiche del prodotto alimentare e precisamente sulla natura, sull’identità, sulla qualità, sulla composizione, sulla quantità, sulla conservazione, sull’origine o sulla provenienza, sul modo di fabbricazione o di ottenimento del prodotto stesso”. Non devono poi essere attribuiti all’alimento “effetti o proprietà che non possiede” e “proprietà atte a prevenire, curare o guarire una malattia umana né accennare a tali proprietà, fatte salve le disposizioni comunitarie relative alle acque minerali ed ai prodotti alimentari destinati ad un’alimentazione particolare”. Inoltre l’etichettatura non deve “suggerire che il prodotto alimentare possieda caratteristiche particolari quando tutti i prodotti alimentari analoghi possiedono caratteristiche identiche”.
Oltre agli alimenti preconfezionati, esiste un’altra categoria di alimenti che differisce da quella dei prodotti sfusi per quanto riguarda la presentazione e la vendita al pubblico: i prodotti preincartati. Stiamo parlando di tutti quei prodotti (spesso si tratta di confezioni di carne, formaggi, salumi) che al supermercato o al negozio dietro l’angolo vengono incartati e distribuiti direttamente dall’esercente.
“Gli alimenti a rischio non possono essere immessi sul mercato”, questo recita l’articolo 14.1 del Reg (CE) n. 178/2002, ma cosa sappiamo degli alimenti ritenuti “sicuri”? Cosa li rende tali? Sono stati tutti sottoposti a studi tossicologici, clinici o di altro tipo? O solo poche categorie di alimenti (per esempio gli additivi) sono state sottoposte ad una batteria di test? E gli altri? Sono stati esclusi solo sulla base di esperienza? Cosa è necessario fare se si decide di importare un frutto comunemente consumato in Africa occidentale e consumato finora molto sporadicamente in Europa? Cosa è necessario fare se si vogliono aggiungere al pane o alla margarina dei derivati che riducono il colesterolo? Si può iniziare la produzione o sarebbe giusto venissero studiati prima di concedere la commercializzazione? Cosa bisogna fare se si vuole importare una barretta proteica dagli Stati Uniti con semi di Chia? La importo e la distribuisco o bisogna accertarsi che l’uso dell’ingrediente sia stato autorizzato?
Le etichette degli alimenti che compriamo indicano certo il nome del produttore e/o dell’importatore, ma quanto possono esserci utili queste indicazioni se non sappiamo da dove provengono gli alimenti di cui il produttore si è servito per ottenere l’alimento che ci viene venduto?
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